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2 months ago   3

Da qualche settimana è disponibile su League of Legends una nuova modalità a tempo, Sciame, che è evidentemente ispirata a Vampire Survivors e più ampiamente al genere dei bullet heaven. Parliamone un po’. Il rapporto di League of Legends con le modalità di gioco alternative – che cioè si differenziano dalle classiche partite sulla Landa degli Evocatori, siano esse normali o classificate – è di lunga data. È anche inevitabile che sia così, a ben pensarci: il MOBA di Riot Games nasce come diramazione di DotA che era a sua volta una mappa custom di Warcraft 3 (una delle tante. Quanto mi manca quel periodo), e quindi in un certo senso le varianti allo schema di gioco tradizionale sono sempre state nel suo DNA. Detto questo, le prime modalità alternative erano cose alla buona, inventate sul momento. ARAM, per esempio, è ora una componente imprescindibile di League of Legends: L’Abisso Ululante, la mappa dedicata a questa modalità, è stata introdotta ben 12 anni fa e non è mai più sparita dalla rotazione.Ma le ARAM esistevano anche prima: semplicemente, si creava una partita custom sulla Landa degli Evocatori e si accettava di rispettare le regole non scritte che vigevano fra i partecipanti, e che poi diventarono le fondamenta della modalità ufficiale (solo una lane, nessun ritorno in fontana, eccetera). Altre ebbero meno fortuna. Ai tempi la modalità Dominion mi piaceva parecchio, la trovavo l’ambiente perfetto per provare nuovi campioni o per fare una partita a bassa intensità. Ma evidentemente i numeri non erano sufficienti per sostenerla, e dunque nel 2016 Riot Games decise di ritirarla. Più di recente – oddio, già da un po’ di anni in realtà: la modalità PvE Odyssey è del 2018 – Riot ha deciso di sperimentare con le modalità a tempo. Sciame è una di queste. BULLET HEAVEN COI CAMPIONI Come detto in apertura, Sciame è semplicissima da descrivere: è Vampire Survivors ma con gli omini di League of Legends. Nel caso siate una delle quindici persone in tutto il mondo che non hanno idea di come funzioni Vampire Survivors o uno qualunque delle decine di giochi che ha ispirato (uno dei miei preferiti è 20 Minutes Till Dawn), eccovi una breve spiegazione: si seleziona uno degli omini di partenza, si entra in gioco, ci si muove con WASD, c’è un’arma di base la cui traiettoria di tiro si può mirare con il mouse, le altre che sbloccheremo partendo da zero in ogni partita sparano per conto loro. A separarci dalla schermata di vittoria ci penseranno orde di centinaia, migliaia di nemici e, trascorsi quindici minuti, il boss finale della mappa. L’attrattiva di questi giochi è arrivare al punto in cui i numerini che possiamo generare con il nostro personaggio diventano così alti che qualunque cosa arrivi sulla mappa venga smaterializzata istantaneamente o quasi; nella realtà le prime partite che faremo a Sciame saranno abbastanza ostiche, anche alla difficoltà Storia, ma a facilitare i tentativi successivi ci penserà la progressione orizzontale. A caratterizzare Sciame non sono le meccaniche, che non si allontanano particolarmente dagli stilemi del genere, ma il fatto di essere – credo – il primo bullet heaven a includere il gioco cooperativo online fino a quattro giocatori. Una bella novità, anche se devo dire che spesso ho trovato molto più difficile arrivare a fine livello in cooperativo piuttosto che in solitaria. C’è pure il matchmaking, anche se trovo un po’ bizzarra la scelta di renderlo disponibile solo una volta completati i primi quattro livelli a difficoltà Storia (che, ripeto, non è da dare così per scontata). Se confrontato con i suoi concorrenti, nel complesso Sciame si rivela essere un buon bullet heaven, di quelli sui quali chi apprezza il genere ci passerà volentieri un po’ di tempo, aiutato in questo anche dalla breve durata delle missioni (quindici minuti + il boss, come dicevamo prima). A Riot Games si possono muovere varie critiche, ma allo stesso tempo è sempre evidente come chi all’interno dei suoi studi si occupa della creazione di contenuti ci metta impegno e passione, e Sciame non fa eccezione in questo. Le armi a nostra disposizione sono varie e creative (la mia preferita, anche se forse non la più forte, è un’enorme locomotiva che ogni tanto passa e tira sotto i nemici) e anche nel riutilizzare quelle che sono le peculiarità di ciascuno dei campioni che possiamo selezionare – riadattandole al nuovo contesto – è stato fatto un bel lavoro. Anche le varie mappe hanno ciascuna le sue particolarità; al centro della prima, per esempio, c’è una struttura che potrà curarci se ci rimarremo vicino qualche secondo, mentre nella seconda mappa ci sono due strutture in grado di congelare tutti i nemici vicino a noi.Se la base è buona e il gameplay divertente, però, qualcosa che funziona un po’ meno c’è. Per esempio: è evidente come alcuni personaggi siano più orientati ai danni a corto raggio (è il caso di Leona, Briar e Riven), una scelta che di per sé può andare bene ma che finisce per cozzare con il design dei nemici. Tutti loro fanno danni a contatto, quindi con questi campioni bisogna cercare di stare vicini ma non troppo; solo che alcuni hanno abilità speciali che rendono ulteriormente pericoloso rimanere a corto raggio, come gli élite che fanno danni continui attorno a loro o quelli che alla morte lasciano una zona che infligge danni sul terreno (questi ultimi sono particolarmente drammatici per Briar). C’è l’opzione di dare la priorità alle statistiche difensive – Leona è basata su quello – ma il rischio poi è di trovarsi di fronte a un boss finale senza avere i danni sufficienti per eliminarlo prima che lui riesca ad uccidere noi. Insomma, se al netto di tutto ci si diverte, rimane l’impressione che lo spazio per migliorare l’esperienza ci sia tutto. Ma ha senso farlo se la modalità sarà giocabile solo per un mese prima di sparire e poi tornare chissà quando? IL VALORE DI UN GIOCO Più che discutere delle meccaniche di gioco in sé, ciò che mi ha suscitato qualche grattata di capo e su cui secondo me vale la pena ragionare è l’approccio che Riot Games ha deciso di tenere con Sciame. Come ho detto, la modalità in sé si rivela buona, divertente, pur con degli spazi per migliorare. E dunque – questa la domanda che mi sono posto abbastanza rapidamente, mentre giocavo – perché limitarla all’essere solo una modalità a tempo inclusa nel client di League of Legends? Non ho dubbi che se Sciame fosse stata rilasciata come un gioco a sé su Steam, magari con un prezzo di quattro-cinque euro e la tag “Accesso Anticipato”, avrebbe tirato su un sacco di soldi. Vampire Survivors ovviamente ha superato tutte le previsioni, ma non è l’unico ad aver fatto buoni risultati. Deep Rock Galactic: Survivors ha venduto un milione di copie nel giro di poche settimane. 20 Minutes Till Dawn ha incassato mezzo milione di dollari nella prima settimana dal lancio in Accesso Anticipato. E sono sicuro che un titolo con il nome di League of Legends dietro non avrebbe avuto problemi a raggiungere cifre simili. La prima cosa che mi viene da pensare è che l’idea sia quella di attirare i giocatori sul client di League of Legends, in un modo o nell’altro; quando hai un gioco free to play che si sostiene sulle microtransazioni, assicurarsi che la gente abbia sempre un buon motivo di tornare su di esso è fondamentale, e l’aggiunta di modalità alternative che possano attirare anche chi magari non è particolarmente interessato alle partite ad alto tasso di stress della Landa degli Evocatori è sicuramente un modo efficace di farlo; anche perché è perfettamente possibile che chi torna per Sciame poi magari decida di farsi qualche partita anche con le altre modalità. Non sorprendentemente, che l’obiettivo sia questo viene confermato (anche se con altre parole) in un post pubblicato sul sito ufficiale di Riot Games. Non è neanche detto che, quando il 19 agosto Sciame svanirà dalla playlist, lo farà per non tornare mai più: è probabile che finisca per essere come Arena, cioè una modalità che apparirà regolarmente in futuro, magari con qualche cambiamento. Ora, la logica usata da Riot Games non mi sembra priva di fondamento, anzi. Ma allo stesso tempo mentirei se dicessi di essere pienamente convinto. È pur vero che, a differenza mia, loro hanno a disposizione tutte le metriche del caso, fondamentali per prendere una decisione informata, oltre ovviamente all’esperienza maturata con le altre modalità alternative. Ma non posso fare a meno di trovare quasi paradossale che a decidere che un prodotto tranquillamente commercializzabile sia meglio sfruttato per favorire la player retention di un gioco free to play, sia la stessa compagnia che pochi mesi fa ha licenziato cinquecento dipendenti e chiuso la sua etichetta di publishing.

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